Car-T: la nuova frontiera nella cura dei tumori pediatrici

Intervista alla Dottoressa Patrizia Gasparini e al Professor Dario Sangiolo

Nei laboratori dell’Istituto Nazionale dei Tumori di Milano e dell’Università di Torino si sta scrivendo una pagina importante della ricerca oncologica pediatrica.

Grazie al sostegno della Fondazione Bianca Garavaglia, un team di ricercatori sta lavorando a una terapia innovativa basata sulle cellule Car-T, che potrebbe rappresentare una svolta nella cura dei tumori pediatrici solidi.

A guidare questo progetto ambizioso ci sono la Dottoressa Patrizia Gasparini, ricercatrice all’Istituto dei Tumori di Milano da quasi vent’anni, e il Professor Dario Sangiolo, docente di Oncologia all’Università di Torino e oncologo clinico. Due percorsi diversi, una stessa missione: portare speranza ai bambini che non rispondono alle terapie tradizionali.

Ho scelto questo lavoro perché volevo aiutare i bambini, ma dietro le quinte,” racconta la Dottoressa Patrizia Gasparini con sincerità. “Sono una persona emotiva e non sarei riuscita a essere un bravo medico accanto ai piccoli pazienti ogni giorno. Per questo da quindici anni lavoro in oncologia pediatrica dal laboratorio, sempre in coordinamento con i medici clinici.

Un ruolo apparentemente defilato, ma cruciale: quello di chi cerca di tradurre i risultati della ricerca in terapie concrete, in cambiamenti reali per chi lotta contro il cancro.

Per la Dottoressa Gasparini la medicina di precisione l’ha portata molto vicino ai piccoli pazienti, più di quanto immaginasse. E oggi, con il progetto sulle Car-T, sente di essere arrivata a un punto di svolta.

Stiamo facendo qualcosa di davvero innovativo che può cambiare le prospettive sui tumori pediatrici: questa terapia ha molti meno effetti collaterali e maggiori effetti positivi sul lungo termine rispetto ai trattamenti standard.”

Ma cosa sono esattamente le Car-T?

Il Professor Sangiolo lo spiega con chiarezza: “Non parliamo di una terapia fatta da farmaci tradizionali, ma dai linfociti del paziente stesso, dopo una trasformazione in laboratorio. In pratica, educhiamo i globuli bianchi per insegnare loro a riconoscere e uccidere le cellule tumorali. Installando “un’antenna molecolare” sul linfocita, lo rendiamo capace di aggredire il tumore in modo mirato.

Le Car-T sono già una realtà clinica consolidata nelle neoplasie ematologiche come le leucemie, dove hanno rivoluzionato le prospettive di cura.

La sfida ora è trasportare questa tecnologia nei tumori solidi, un territorio molto più complesso. “Il tumore solido si colloca in un luogo specifico nel corpo e le Car-T infuse devono superare barriere fisiche importanti per arrivare a destinazione,” spiega il Professor Sangiolo. “E non è solo questo: i tumori pediatrici sono rari, hanno identità biologiche diverse da quelli degli adulti, e anche i linfociti dei bambini funzionano in modo differente. Tutto questo richiede approcci specifici.

Il team ha già ottenuto risultati incoraggianti. In vitro ci sono chiare evidenze di funzionamento in laboratorio dell’efficacia su diversi tipi di sarcomi. Ora il passo cruciale è portare questi risultati dal laboratorio al letto del paziente e arrivare a definire un trial clinico.

La forza di una squadra multidisciplinare.

Niente di tutto questo sarebbe possibile senza una squadra coesa e motivata.

A Milano e a Torino lavorano ricercatori e ricercatrici, dottorande, biotecnologhe, oncologi pediatrici.

Abbiamo messo insieme persone che avessero le stesse emozioni e lo stesso sguardo con cui lavoriamo,” sottolinea il Professor Sangiolo. “Conosco personalmente molti pazienti e per me è fondamentale capire per chi stai facendo questo lavoro. Noi abbiamo uno scopo preciso: portare una terapia innovativa per chi non ha altre opzioni.

È proprio la Fondazione Bianca Garavaglia ad aver reso possibile questa collaborazione tra due eccellenze italiane:

Siamo tanti ricercatori coinvolti e la Fondazione ci ha permesso di allargare il team coinvolgendo istituti e professionisti esterni,” racconta la Dottoressa Gasparini. “Senza questo sostegno, non avremmo potuto costruire un progetto così ambizioso.

Il peso della continuità: quando la ricerca rischia di fermarsi.

Ma dietro l’eccellenza scientifica c’è una realtà che spesso resta invisibile: la precarietà della ricerca. Sangiolo non nasconde le difficoltà: “Nelle vite dei gruppi di ricerca ci sono alti e bassi, siamo come piccoli imprenditori. Ci sono momenti tranquilli e momenti di difficoltà quando non ci sono fondi per alimentare la ricerca. Il coordinatore di un gruppo vive tante ansie perché deve garantire la prosecuzione del lavoro e il sostentamento delle persone che collaborano.

La ricerca oncologica non è una gara di velocità, è una maratona che richiede respiro lungo e continuità.

Se non abbiamo fondi, i risultati raggiunti in laboratorio rischiano di non arrivare mai in clinica, cioè al paziente,” riflette il Professor Sangiolo con realismo. “Ogni interruzione del finanziamento può significare progetti interrotti, competenze disperse, opportunità perdute. E soprattutto, bambini che continuano ad aspettare. Non mi sento mai di garantire i risultati della ricerca, perché sarebbe disonesto. Ma garantisco l’impegno al cento per cento. Lo sento verso i pazienti, verso i donatori, e ho un approccio di profondo rispetto per queste persone che, con le loro donazioni, realizzano e permettono questo lavoro.

È una gratitudine sincera, che nasce dalla consapevolezza di quanto sia prezioso poter continuare a fare ricerca.

“Ogni contributo alla ricerca è un investimento sul futuro di questi bambini.”

Uno sguardo al futuro

Oggi il team ha dati solidi in laboratorio, competenze multidisciplinari, motivazione e uno scopo chiaro. L’obiettivo è arrivare presto a un trial clinico, trasformare le evidenze scientifiche in una possibilità terapeutica concreta per i piccoli pazienti con sarcomi resistenti alle terapie standard.

Ogni giorno pensiamo a quei bambini che potrebbero beneficiare di questa terapia” confida la Dottoressa Patrizia Gasparini. “Arrivare a un trial clinico sarebbe il top, il mio successo personale. Non facciamo ricerca fine a se stessa: lavoriamo perché ciò che scopriamo in laboratorio arrivi al paziente.

Il Professor Dario Sangiolo conclude con parole che racchiudono il senso profondo di questo lavoro: “Questa ricerca rappresenta una speranza concreta per pazienti che oggi hanno poche alternative. I sarcomi pediatrici resistenti alle terapie standard necessitano di approcci innovativi. Le Car-T potrebbero essere la risposta che stiamo cercando. Ma per arrivarci serve continuità, serve sostegno, serve credere nella ricerca. E soprattutto serve ricordare che dietro ogni provetta, dietro ogni esperimento, c’è il volto di un bambino che aspetta.

Ecco perché il sostegno alla Fondazione Bianca Garavaglia non è solo un gesto di generosità, ma un investimento concreto sul futuro di questi piccoli guerrieri e delle loro famiglie.

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