Lui è davvero un supereroe. E non solo quando indossa la maschera da pipistrello e il mantello nero di Batman, il “Cavaliere oscuro”. In veste di difensore dei più deboli, Nicholas Sanvito, 26 anni, comasco di Figino Serenza, incontra ogni giorno altri “guerrieri”: i piccoli pazienti dei reparti oncologici pediatrici.
“Nonostante combattano ogni giorno contro la malattia, questi bambini meravigliosi si divertono con me e trovano la forza di sorridere”, racconta lui con un filo di commozione nella voce.
Solo due anni fa, a febbraio 2022, anche a Nicholas è stato diagnosticato il cancro: un seminoma maligno, affrontato con un intervento e la chemioterapia. “Alla dimissione dall’ospedale, mi hanno detto che pochi giorni prima era stato operato per il mio stesso tumore un ragazzino di appena 13 anni. In quell’esatto momento ho capito che avevo una missione e che quella sarebbe stata la cosa più importante che avrei fatto nella mia vita: aiutare i bambini malati oncologici”.
A motivare la sua prima impresa come supereroe è stato in realtà un momento difficile della sua vita. “Forse anche in seguito alle cure per il tumore, mi era venuta una forte forma di depressione. Non avevo più voglia di uscire, mi stavo lasciando andare. Così ho deciso che per guarire avrei dovuto camminare”.
Sostenuto dalla nostra Fondazione, Nicholas è partito il 24 giugno da piazza del Duomo a Milano e dopo 20 giorni e oltre 670 chilometri percorsi ha raggiunto il 17 luglio il Campidoglio di Roma, dove è stato accolto dal consigliere comunale Giorgio Trabucco e dal delegato alla cultura e al sociale del Sindaco, Danilo Margani. “Durante queste tre settimane ho documentato il mio viaggio sui canali social e con i video su YouTube, per sensibilizzare la gente e raccogliere fondi a sostegno delle cure dei piccoli pazienti oncologici attraverso la Fondazione Bianca Garavaglia: siamo riusciti a raggiungere oltre 2.200 euro. Sono felice di aver fatto la mia parte per aiutare una realtà che seppur piccola fa cose davvero grandi”.
Dove soggiornavi la sera?
Prima di partire mi ero preparato una mappa e avevo prenotato una serie di B&B e agriturismi lungo il percorso. L’idea era di dividere il cammino in tappe di circa 35 chilometri e mi ero preparato per potere percorrere agevolmente quella distanza quotidiana. Purtroppo già nei primissimi giorni ho compreso che avere l’obbligo di un traguardo prestabilito mi stressava. Data la stagione molto calda, il dolore per una distorsione che mi sono preso a una caviglia e l’inevitabile fatica, a volte dovevo sforzarmi oltre misura per arrivare in tempo al termine della tappa che mi ero prefissato. Così, da Bologna, ho cambiato il mio programma:
prenotavo gli hotel giorno per giorno, quando mi trovavo già nei pressi della zona dove mi sarebbe piaciuto fermarmi. In questo modo mi sono sentito più libero di muovermi e mi sono goduto molto di più le bellezze dei paesaggi e dei luoghi che incontravo. Del resto, ho fatto questo cammino in piena estate, spesso sotto un sole cocente, e proprio per questo già prima di partire alcuni mi avevano dato del pazzo!
Quali zone d’Italia ti sono piaciute di più durante questo lungo viaggio?
Sicuramente Roma, la città che forse amo di più in assoluto e dove conto di tornare molto presto. Ma anche l’eleganza quasi da cartolina delle colline del Chianti, con i suoi vigneti “pettinati” e i filari di cipressi. E soprattutto la selvaggia Via degli Dei, lungo i sentieri appenninici che collegano Bologna a Firenze.
Ovunque ho scoperto incredibili monumenti, chiese e opere d’arte, oltre che paesaggi spettacolari, che ho mostrato in diretta anche a tutti quelli che seguivano la mia camminata sui social.
La tua famiglia ti sostiene in queste tue “imprese”?
Purtroppo mio padre è mancato prematuramente a causa di un infarto quando aveva solo 49 anni e io 15. Era un dentista ed era proprietario di due studi qui nel comasco. Era una persona molto leale e vivo nel suo meraviglioso ricordo. Mia mamma è siciliana e come ogni madre del Sud è molto apprensiva nei miei confronti, cerca sempre di proteggermi. Così i primi tempi era impaurita da questa mia voglia di stare in prima linea per aiutare. Temeva che fossi troppo fragile e che il fatto di ritornare nei reparti oncologici mi avrebbe devastato. Al contrario: i ragazzini malati mi regalano una forza immensa.
Hai una fidanzata?
Al mio fianco ho da qualche mese la mia ragazza, Serena: ha studiato design al Politecnico di Milano ed è una bravissima illustratrice. Abbiamo la stessa età e la conosco fin da quando eravamo bambini. Addirittura, le scrissi una tenera letterina quando avevo appena cinque anni…
Quali sono ora i tuoi progetti?
A partire dal mio progetto Batman, che ho portato nei reparti oncologici pediatrici italiani – dall’Istituto dei Tumori di Milano al Comitato Letizia Verga di Monza, dall’Ospedale di Varese al Bambin Gesù di Roma -, mi piacerebbe che il mio messaggio di speranza corresse in giro per l’Italia e non si fermasse mai più. Vorrei riuscire a coinvolgere e reclutare altri giovani e creare una rete di volontari che si trasformino anche loro in supereroi. Una specie di Justice League che aiuti a fare sognare e sorridere tanti bambini meno fortunati. Negli ospedali invito i piccoli a firmare il mio mantello: una specie di contratto-gioco, per “ufficializzare” il loro ruolo di cavalieri-supereroi. Chiedo loro di disegnare supereroi inventati e di pensare ai superpoteri che vorrebbero avere. Sono dolcissimi. Alla fine della giornata, per tutti ho una mascherina regalo. Ci vuole davvero così poco per farli felici… Loro sono i veri supereroi.
Come recita anche il motto della vostra Fondazione, non c’è dono più prezioso del sorriso di un bambino”.