Dopo il tumore, il desiderio di diventare ricercatrice
A quindici anni, Beatrice ha già una storia straordinaria alle spalle e un futuro luminoso davanti a sé. Il suo sorriso contagioso e la sua ironia pungente raccontano di una giovane donna che ha trasformato una delle sfide più difficili della vita in una missione di speranza per altri bambini.
Il percorso che cambia tutto
Era il 2018 quando Beatrice, a soli sette anni, ha ricevuto una diagnosi che avrebbe cambiato per sempre la sua vita e quella della sua famiglia: neuroblastoma.
Ma se oggi può raccontare la sua storia con il sorriso, è anche grazie alla Fondazione Bianca Garavaglia, che ha accompagnato lei e la sua famiglia in ogni momento del percorso di cura.
“Sono profondamente grata a Bianca Garavaglia”, racconta Beatrice con la schiettezza che la contraddistingue. “La Fondazione è diventata parte di me, tanto che per la mia tesina di terza media ho deciso di parlare dei progressi fatti della ricerca scientifica e per Italiano ho portato l’intervista che ho fatto a Franca – la mamma di Bianca -, parlando di lei e di tutto quello che la Fondazione fa e rende possibile”.
Il ricordo di quegli anni è vivido: le tre ore di scuola quotidiane con la maestra Monica, una scuola ‘adattata a ogni piccolo paziente’, i momenti di gioco con gli educatori che rendevano più leggere le giornate in ospedale. E poi c’era lei, la presenza costante e rassicurante: “Mia mamma è stata la presenza più importante, c’era sempre giorno e notte, non mi ha mai fatto pesare nulla, anche se non la facevo dormire o dormiva su una sedia”.

Una testimonial speciale
Il legame con la Fondazione Bianca Garavaglia è diventato ancora più profondo negli anni successivi.
Con la prima Corsa della Speranza Beatrice ha trovato il suo ruolo di ambasciatrice. “Nella prima corsa sono stata la testimonial e l’ho aperta io. È stata un’emozione unica”, ricorda con gli occhi che si illuminano. Da allora non ne ha mai saltata una: “Le Corse della Speranza le ho fatte tutte. Quella che mi è piaciuta di più è stata l’ultima, che ho corso con una mia amica”.
L’ironia come forza
Chi conosce Beatrice sa che la sua arma segreta è l’autoironia. È lei stessa a spiegare la sua filosofia di vita: “Se scherzi sulla tua disabilità, non lasci il tempo agli altri di fare battute che poi ti fanno male”.
E così, quando è con gli amici, non esita a dire “Va beh dai andiamo, cammina sù” con quel sorriso acuto che disarma qualsiasi imbarazzo.
Una vita a tutto gas
Oggi Beatrice frequenta il liceo scientifico di Scienze applicate, pratica nuoto a livello agonistico, quando non può allenarsi in piscina si dedica al tennis da tavolo o va in palestra e ha le idee chiarissime sul suo futuro:
“Voglio diventare ricercatrice nel campo dell’oncologia pediatrica.”
Un sogno che nasce dal cuore e dall’esperienza vissuta, per contribuire a quel progresso scientifico che le ha salvato la vita.
La bellezza dell’essere unica
La determinazione è forse il tratto più distintivo di Beatrice ed è proprio questa tenacia che vuole trasmettere agli altri.
Parlare della sua malattia infatti non è una priorità: “Se me lo chiedono lo racconto, ma non lo faccio come prima cosa”. Per lei, quello che conta è la vita di oggi, i progetti futuri, l’autenticità di ogni momento vissuto pienamente.
“È stato un percorso che mi ha fatto crescere e rinascere”
Ogni persona ha il diritto di essere semplicemente se stessa, con le proprie sfide, i propri talenti e la propria irripetibile storia. Si tratta di abbracciare la propria unicità e trasformarla in una forza che può illuminare la strada anche per altri.
Il messaggio di Beatrice è semplice e potente: “Sembra una cosa banale, ma non farti fermare da niente. Se vuoi ottenere qualcosa devi fare di tutto”
Parole che risuonano con particolare forza quando arrivano da chi ha già dimostrato che davvero, con la giusta determinazione, non esistono limiti invalicabili.