Intervista ad Antonella, titolare di Fiordipanna, che ha creato il gusto di gelato Il Fiore di Bianca per sostenere la ricerca sui tumori pediatrici
Un gelato può cambiare il mondo? Antonella ne è convinta. Titolare di Fiordipanna, gelateria con quattro punti vendita nel nord-ovest di Milano, ha trasformato un momento di dolore familiare in un’iniziativa di solidarietà che continua a coinvolgere da oltre un anno i clienti nella lotta contro i tumori pediatrici.

Antonella, come è nata l’idea del “Fiore di Bianca”?
Tutto è iniziato l’anno scorso, quando abbiamo ricevuto la notizia del tumore di mio nipote di 14 anni e mezzo. Un rabdomiosarcoma che ha stravolto la vita di tutta la famiglia.
Tra chemioterapia, intervento chirurgico, altri cicli di chemio e farmaci, il percorso è stato durissimo.
Come avete vissuto questo periodo?
Abbiamo frequentato l’Istituto dei Tumori di Milano, dove mio nipote e mia sorella sono stati accolti in modo straordinario.
Nelle giornate passate in Istituto insieme a loro ho visto con i miei occhi e ascoltato dai loro racconti quello che conoscevo solo per nome e di cui vedevo solo la punta dell’iceberg con i banchetti nei supermercati o per strada: il lavoro straordinario ed essenziale che le organizzazioni non profit fanno quotidianamente.
Cosa avete scoperto su queste realtà?
Abbiamo capito una cosa fondamentale: queste realtà supportano il sistema sanitario nazionale. Senza di loro non ci sarebbero molte attività di ricerca, strumenti che ci sono negli ospedali. Siamo stati stupiti da quanto sia importante il loro ruolo. Vedere quello che si muove perché tuo nipote riceva cure eccellenti, con un team di esperti, è una grande cosa. Siamo sempre stati certi di essere nelle mani migliori.
Quando avete deciso di fare qualcosa di concreto?
Leggendo le targhe, esposte nei corridoi, e tutto quello che c’era in Istituto, ho iniziato a conoscere la Fondazione Bianca Garavaglia. Ho iniziato a pensare di fare qualcosa che potesse supportarla come azienda. Ho preso i contatti, ho sentito Stefania, che si occupa della segreteria e della raccolta fondi, e abbiamo pensato che dovesse essere qualcosa di continuativo.

Come avete sviluppato l’idea del gelato?
Abbiamo deciso di inventare un gusto speciale: Il Fiore di Bianca, un fiordipanna con alga spirulina e crumble di lamponi. L’abbiamo messo in tutti i nostri quattro negozi e chi sceglie quel gusto devolve il costo del gelato alla Fondazione. Da novembre scorso è ogni giorno in vetrina.
Come hanno reagito i clienti?
È una cosa che ha colpito moltissimo i nostri clienti. Non è facile comunicare queste iniziative, ma la risposta è stata incredibile. Abbiamo anche creato un QR code adesivo su tutte le vaschette, in modo tale che il cliente possa fare una donazione diretta alla fondazione. Abbiamo poi aperto una campagna di crowdfunding per coinvolgere sempre più persone nel sostegno alla ricerca sui tumori pediatrici. (N.D.R. qui la campagna di raccolta fondi)

Ci sono stati episodi particolari che ti hanno colpita?
Ricordo una signora che, scegliendo tra i gusti, ha detto: “Il fiore di Bianca ci deve essere assolutamente”. L’impatto sulle persone è sempre molto forte. Ne siamo tutti molto fieri e continuare a promuovere questo gelato è un modo non solo di raccogliere fondi, ma anche di parlare della malattia, dell’importanza della ricerca scientifica e della rete di relazioni che si crea e ti supportano durante tutto il percorso di terapie e oltre. Il confronto è fondamentale.
Quali sono i vostri prossimi progetti?
A settembre, all’inizio delle scuole, vogliamo organizzare una giornata in tutti e quattro i punti vendita con la presenza della Fondazione per raccogliere fondi a favore della ricerca e fare sensibilizzazione. Stiamo anche cercando di coinvolgere altre gelaterie; la gelateria Dolce Sogno, sempre di Busto Arsizio, ci ha già confermato che parteciperà all’iniziativa proponendo anche alla sua clientela il gusto Il Fiore di Bianca.

Cosa vorresti dire a chi leggerà la tua testimonianza?
Quello in cui crediamo molto è la diffusione della prevenzione.
Bisogna capitarci per venire a conoscenza di questa realtà. Alla mia famiglia è capitato e allora invito tutti a fidarsi di chi ci è passato: la raccolta fondi serve non solo per comprare gli arredi, ma per la ricerca e per salvare sempre più vite. Magari in futuro chi ci passerà avrà cure migliori.
Un ultimo pensiero?
Vedere scendere nell’abisso un bambino è entrare in un vero e proprio incubo, ma non eravamo soli.
Un gelato alla volta vogliamo restituire almeno un po’ del grande supporto che abbiamo ricevuto e contribuire all’immenso lavoro fatto dalla Fondazione Bianca Garavaglia per bambini, ragazzi e famiglie come la mia.