Tessitori di vita tra terra e cielo

Ricordo ancora nel dicembre 2015 quando ho visto per la prima volta il video del Progetto Giovani: “Palle di Natale”. Quel video è rimbalzato su WhatsApp svariate volte e io distrattamente l’ho guardato in un Natale, come tanti, frenetico presa da mille cosa da fare senza soffermarmi più di tanto sul valore che aveva nella sua profondità. Nel 2018 mio figlio Riccardo si è ammalato. Gli hanno diagnosticato un glioblastoma di quarto grado e da Parma ci hanno mandato a Milano all’Istituto dei tumori in Pediatria.
Mio figlio aveva 20 anni, all’epoca, e solo con il tempo ho capito perché questa scelta è stata importante e significativa nel suo-nostro percorso. Riccardo ha affrontato la malattia non del tutto consapevole della gravità della situazione che viveva ma noi lo abbiamo assecondato perché credo che ognuno debba vivere il suo dolore con le proprie risorse interiori e bisogna avere il coraggio di accettare la volontà di chi soffre facendo il meglio per accompagnarlo. Riccardo ha avuto coraggio e tanta dignità ma anche un grande supporto. Quello che ci hanno dato i medici e gli infermieri dell’Istituto dei tumori, in particolare le dott.sse  Schiavello e Gattuso, non lo abbiamo ricevuto in nessun altro ospedale che abbiamo avuto modo di frequentare. In questo percorso Riccardo ha avuto la grande opportunità di prendere parte al Progetto Giovani nel quale ha collaborato in un percorso per la realizzazione di magliette e felpe. Per lui è stata una grande esperienza di confronto, impegno e profonda collaborazione. Intanto che lui viveva queste esperienze anche io crescevo nel mio intimo in quella sofferenza muta, che ti lascia senza fiato, che ti toglie il battito del cuore, che di annienta la vita. Un giorno di giugno, il 20, il giorno del solstizio d’estate, il tempo dello svago, delle vacanze, dei bagni al mare, delle camminate in montagna, delle grigliate tra amici, Ric è volato in cielo e ci ha lasciati qui in questa esistenza a metà. Il tempo dei cambiamenti ha bisogno di assestamenti. E’ in questo tempo difficile che ho imparato, come dice Sara, ad essere un tessitrice.
L’ho imparato grazie agli incontri che ho fatto, alle persone che mi hanno accompagnato, al mio vissuto all’ospedale di Milano e all’incontro con la Fondazione Bianca Garavaglia. Mi sono aggrappata al filo che mi ha lanciato Riccardo dal cielo e ho cominciato a farmi trasportare da lui per intrecciare legami nel quotidiano. Questo filo lo si può vedere solo col cuore. Nel tempo mi sono resa conto di intrecci, di incontri che nascono, continuano o ritornano dal passato che sembrano miracoli in un quotidiano che riprende speranza di vivere. Nonostante la mia vita sia ricominciata nella mia città, lontano da Milano, io mi sento un po’ di essere li. Questa vicinanza la avverto ogni volta che qualcuno dona una piccola goccia di aiuto,  per sostenere i miei progetti per aiutare la Fondazione. Tutti noi possiamo essere tessitori di vita tra terra e cielo se impariamo a vedere quel filo di chi non è più fisicamente qui e con quel filo cominciamo a tessere con gli altri, uniti dal desiderio di prenderci cura gli uni degli altri in questa avventura che si chiama VITA.

                                                Mamma Guendalina

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